















CREDITI
regia FIENO DI CHIO
con Nicola Di Chio, Miriam Selima Fieno
con le lettere di Abdo Al Naseef Alnoeme
drammaturgia Christian Elia, Miriam Selima Fieno
regia documentaria, riprese e video editing Cecilia Fasciani
musiche originali Pino Pecorelli
scenografia virtuale e disegno luci Maria Elena Fusacchia
produzione Teatro Metastasio di Prato
con il sostegno di IntercettAzioni - Centro di Residenza Artistica della Lombardia, IPSIA, PimOff
si ringrazia Dialoghi – Residenze delle arti performative a Villa Manin 2022 – 2024 – CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Culture Moves Europe, Muhammad Aabdul Kader, Omayma Al Naseef Alnoeme, Francesco Cibati, Ilenia Lella Fieno, Piero Gorza, Hersi Matmuja, Fawad Raufi, Fouad Roueiha, Rizwan, Marcello Tirelli, Collettivo Rotte Balcaniche, ICS, Infopark, Linea d'Ombra, Lungo La Rotta Balcanica, KlikActive, On Borders - Oulx, No Name Kitchen, Siniparxi, JRS, Voice in Bulgaria, Wave Thessaloniki, We are Voce
1. ABSTRACT
Qual è il futuro di una generazione cresciuta in cammino, conoscendo solo la violenza dei confini e la ferocia delle logiche dei muri? Quale
Europa accoglierà questa generazione e i loro traumi, o le loro infinite risorse?
Per affrontare questa domanda, gli artisti Miriam Selima Fieno e Nicola Di Chio assieme al giornalista Christian Elia e alla documentarista Cecilia
Fasciani hanno deciso di dare vita a un progetto multidimensionale che fonde teatro, giornalismo narrativo e cinema documentario, impegnandosi
in una ricerca sul campo lungo la rotta balcanica per conoscere da vicino la realtà aspra delle frontiere europee diventate il luogo di infanzia di
migliaia di bambine e bambini in fuga con i loro genitori.
Europa accoglierà questa generazione e i loro traumi, o le loro infinite risorse?
Per affrontare questa domanda, gli artisti Miriam Selima Fieno e Nicola Di Chio assieme al giornalista Christian Elia e alla documentarista Cecilia
Fasciani hanno deciso di dare vita a un progetto multidimensionale che fonde teatro, giornalismo narrativo e cinema documentario, impegnandosi
in una ricerca sul campo lungo la rotta balcanica per conoscere da vicino la realtà aspra delle frontiere europee diventate il luogo di infanzia di
migliaia di bambine e bambini in fuga con i loro genitori.
2. LE TEMATICHE
Le migrazioni minorili costituiscono un aspetto particolarmente drammatico del più generale problema dei flussi migratori contemporanei. Una percentuale significativa di bambine e bambini arriva in Europa attraverso la rotta balcanica, quello sciame di vie della speranza che parte dalla Grecia, risale la penisola dei Balcani e, passando per
l’Italia, raggiunge Germania, Austria, Gran Bretagna, Francia, Olanda.
Con le frontiere sempre più sigillate genitori e figli che affrontano questa via impervia, si trovano costretti a ricorrere all’ausilio di trafficanti esponendosi spesso a violenze e abusi, in un viaggio che può durare anni.
Molti provano decine di volte a passare il confine ma vengono sistematicamente fermati, picchiati, derubati di ogni avere, rimandati indietro senza vestiti e scarpe. Le violenze delle polizie di confine non risparmiano nessuno e i respingimenti portano migliaia di bambine e bambini a stazionare per tempi lunghissimi in territori dell’oblio.
Venire al mondo o passare i primi anni di vita nella condizione fragile del confine e del movimento, formarsi a parlare tutte le lingue del cammino, abituarsi a cavarsela, imparando una grammatica che è allo stesso tempo fuga, sopravvivenza, paura, ma anche, per altri versi, diventare come delle guide per gli stessi nuclei familiari che da
protettori diventano protetti, sta plasmando una generazione figlia di un’esperienza unica, della quale non conosciamo i potenziali traumi di lungo periodo, ma della quale anche ignoriamo le potenzialità.
Quali identità stiamo generando? Forse è essenziale fermarsi ad analizzare cosa sta succedendo, perché è in queste generazioni di frontiera che si muove l’Europa di domani.
l’Italia, raggiunge Germania, Austria, Gran Bretagna, Francia, Olanda.
Con le frontiere sempre più sigillate genitori e figli che affrontano questa via impervia, si trovano costretti a ricorrere all’ausilio di trafficanti esponendosi spesso a violenze e abusi, in un viaggio che può durare anni.
Molti provano decine di volte a passare il confine ma vengono sistematicamente fermati, picchiati, derubati di ogni avere, rimandati indietro senza vestiti e scarpe. Le violenze delle polizie di confine non risparmiano nessuno e i respingimenti portano migliaia di bambine e bambini a stazionare per tempi lunghissimi in territori dell’oblio.
Venire al mondo o passare i primi anni di vita nella condizione fragile del confine e del movimento, formarsi a parlare tutte le lingue del cammino, abituarsi a cavarsela, imparando una grammatica che è allo stesso tempo fuga, sopravvivenza, paura, ma anche, per altri versi, diventare come delle guide per gli stessi nuclei familiari che da
protettori diventano protetti, sta plasmando una generazione figlia di un’esperienza unica, della quale non conosciamo i potenziali traumi di lungo periodo, ma della quale anche ignoriamo le potenzialità.
Quali identità stiamo generando? Forse è essenziale fermarsi ad analizzare cosa sta succedendo, perché è in queste generazioni di frontiera che si muove l’Europa di domani.
3. L'OPERA
ODISSEA MINORE. PER UN’EDUCAZIONE DELLA FRONTIERA è uno spettacolo che si interroga sul futuro dell’Europa, attraverso le esperienze di una generazione cresciuta tra movimento, confini e precarietà.
Gli attori e registi Miriam Selima Fieno e Nicola Di Chio, insieme al giornalista e autore Christian Elia e alla videomaker e documentarista Cecilia Fasciani, nel corso del 2024 hanno intrapreso un lavoro di ricerca sul campo e reportage toccando luoghi simbolo e snodi chiave di quelle rotte migratorie via terra che dal 2015 segnano il volto dell'Europa Orientale.
Partendo da Trieste la traversata li ha condotti attraverso Slovenia, Croazia, Serbia, Macedonia del Nord, Grecia, Bulgaria fino alle coste della Turchia.
Un viaggio articolato in quattro lunghe tappe, tra l’estate e l’autunno, per vivere un’esperienza
diretta, immergersi nella realtà della frontiera e assumersi la responsabilità del racconto. Nel corso della ricerca la squadra ha raccolto testimonianze e storie, osservando ciò che viene invisibilizzato; esplorato i luoghi dove i piccoli camminanti vengono respinti e trascorrono la loro infanzia negata, documentando come si cancelli la memoria di centinaia di migliaia di vite; osservato le tecniche di repressione, sempre più affidate ai dispositivi elettronici e all'intelligenza artificiale, sperimentando come la solidarietà sia diventata un crimine
e la ferocia un metodo. I dati ottenuti, i contenuti audiovisivi realizzati, il materiale testuale elaborato hanno portato alla creazione di una drammaturgia visiva e verbale capace di coniugare teatro, giornalismo narrativo, ricerca documentaristica e cinematografia del reale.
In questa opera ibrida gli interpreti, al contempo attori e testimoni, guidano la narrazione e si muovono all’interno di
una scenografia virtuale dando vita a un documentario in tempo reale.
Lo spettacolo debutta nella primavera del 2025, anno in cui ricorre l’anniversario della morte di Aylan Kurdi che diede
inizio alla rotta balcanica come la conosciamo oggi.
Gli attori e registi Miriam Selima Fieno e Nicola Di Chio, insieme al giornalista e autore Christian Elia e alla videomaker e documentarista Cecilia Fasciani, nel corso del 2024 hanno intrapreso un lavoro di ricerca sul campo e reportage toccando luoghi simbolo e snodi chiave di quelle rotte migratorie via terra che dal 2015 segnano il volto dell'Europa Orientale.
Partendo da Trieste la traversata li ha condotti attraverso Slovenia, Croazia, Serbia, Macedonia del Nord, Grecia, Bulgaria fino alle coste della Turchia.
Un viaggio articolato in quattro lunghe tappe, tra l’estate e l’autunno, per vivere un’esperienza
diretta, immergersi nella realtà della frontiera e assumersi la responsabilità del racconto. Nel corso della ricerca la squadra ha raccolto testimonianze e storie, osservando ciò che viene invisibilizzato; esplorato i luoghi dove i piccoli camminanti vengono respinti e trascorrono la loro infanzia negata, documentando come si cancelli la memoria di centinaia di migliaia di vite; osservato le tecniche di repressione, sempre più affidate ai dispositivi elettronici e all'intelligenza artificiale, sperimentando come la solidarietà sia diventata un crimine
e la ferocia un metodo. I dati ottenuti, i contenuti audiovisivi realizzati, il materiale testuale elaborato hanno portato alla creazione di una drammaturgia visiva e verbale capace di coniugare teatro, giornalismo narrativo, ricerca documentaristica e cinematografia del reale.
In questa opera ibrida gli interpreti, al contempo attori e testimoni, guidano la narrazione e si muovono all’interno di
una scenografia virtuale dando vita a un documentario in tempo reale.
Lo spettacolo debutta nella primavera del 2025, anno in cui ricorre l’anniversario della morte di Aylan Kurdi che diede
inizio alla rotta balcanica come la conosciamo oggi.
4. DICONO DI NOI
4.1 I PREMI
ODISSEA MINORE. PER UN'EDUCAZIONE DELLA FRONTIERA è vincitore di:
• BANDO EUROPEO CULTURE MOVES EUROPE 2024
4.2 LA RASSEGNA STAMPA
«Una generazione nel futuro (non scritto) che conosce solo la frontiera. Questo il messaggio che la Compagnia Odissea minore ci sollecita a comprendere e recepire (e completamente senza retorica): ci sono centinaia e migliaia di bambine e bambini che con le loro famiglie ci provano, da camminanti, invisibili, a attraversare le frontiere per poter cercare di raggiungere il confine dell’Europa con le polizie a fiato sul collo...
...Si alza uno sguardo giovane, coraggioso, intelligente quello della Compagnia Odissea Minore (richiami a Odissea nello spazio film 1968. il film nello spazio-tempo? odissea perchè si passa dai confini attraverso la Grecia di Odisseo-Ulisse, per arrivare dalla culla del Mediterraneo fra Siria devastata da guerre e popoli nel Medio Oriente dominati dall’ ISIS in fuga per raggiungere l’Europa? però ci vuole il passaporto, il visto per passare dopo mesi di cammino sulla via balcanica per entrare in Europa. Un visto un passaporto che dai Paesi d’origine è carta straccia. perché si tratta non di un docu-film questo ideato da Odissea Minore: i giovani artisti Miriam Selima Fieno, Nicola Di Chio, Christian Elia, che in teatro hanno deciso di espandere e dilatare la loro esperienza e che il teatro lo praticano bene davvero, scegliendo di filmare in un viaggio pericoloso, e raccontare, da reporter di guerra per poi restituirla al Teatro, l’esperienza di cosa accade sui fronti di guerra, al di là delle frontiere europee lungo la rotta balcanica...
...Andare e filmare i fronti di guerra attuale: ci vuole coraggio e abnegazione. E protezione, almeno dalle Ong, dalle ambasciate. E rischiando, come è successo, di essere portati in caserma. Il docu-film, proiettato sul fondale è divenuto un dispositivo di drammaturgia, con in scena tre degli attori-documentaristi, è appassionatamente ultra contemporaneo in coerenza di scelte artistiche: è un tema dove si fonde e confonde la capacità e intelligenza di professionismi che restituiscono in scena la contemporaneità di popoli senza diritti, senza tetto né legge. Oltre alle vicende narrate di profughi...
...Odissea minore: tante le fascinazioni di questo lavoro che è diario di viaggio di artisti Miriam Selima Fieno,Nicola Di Chio, il giornalista Christian Elia, la documentarista Cecilia Fasciani, una drammaturgia che intercetta giornalismo narrativo, storytelling attoriale, cinema. E insomma anche questo, ora, è lavoro, è testimonianza in presa diretta. È teatro. Davvero».
Per RUMOR(S)CENA Renzia Dinca
E se il teatro non bastasse per raccontare l'orrore?
Di ludico ha molto poco, eppure il tentativo di attraversare la frontiera viene detto "game", "game over”, se fallisci. Invece il trafficante, quello che si è comprato anime e corpi, viene chiamato “agent". Cortocircuiti della lingua, frammenti di un vocabolario che rende sopportabile l’inferno. Sono informazioni che arrivano dal palcoscenico del Fabbricone di Prato, dove ha debuttato Odissea minore un lavoro di limpido rigore estetico ed etico scritto e performato da Nicola di Chio e Miriam Selima Fieno. Dopo aver visto quello che hanno visto tra l'estate e l'autunno del 2024, diecimila chilometri lungo la rotta balcanica dell'immigrazione, in compagnia di un giornalista (Christian Elia) e una documentarista (Cecilia Fasciani), i due artisti arrivano a teorizzare la possibile abiura della forma-spettacolo, a favore della nuda testimonianza. Per accompagnare i filmati di un viaggio al termine della notte, tre creature (non più) umani e animali selvatici incrociati nei campi di frontiera, la narrazione si fa asciutta, disarmata. Come rendere la violenza, le sparizioni, l'Odissea degli invisibili in fuga dall'Asia dell'Africa? Il reale buca la scena. La performance arretra di fronte alla ferita. Resta il rito teatrale.
Per LA REPUBBLICA Katia Ippaso
Odissea minore, per tappe e traumi la tragedia migratoria.
«Testimoni sul campo della tragedia migratoria, una discesa agli inferi vissuta in presa diretta, Nicola Di Chio, Miriam Selima Fieno e Christian Elia imbastiscono un mosaico di visioni e narrazioni ai margini delle nostre frontiere Ue, baluardi di «civiltà» che giustificano ogni efferatezza».
Per IL MANIFESTO Gabriele Rizza
Il teatro come verità intermittente.
«In un’Europa sempre più blindata, segnata da muri e respingimenti, lo spettacolo “Odissea Minore” di Nicola Di Chio e Miriam Selima Fieno assume la forma di un’indagine teatrale lungo la rotta balcanica, percorso intrapreso da migliaia di migranti in cerca di futuro. Gli autori cercano di ricostruire tracce umane e testimonianze sommerse da narrazioni semplificate o manipolate.
Lo spettacolo attraversa spazi marginali e dimenticati: edifici occupati, centri di detenzione mascherati da strutture di accoglienza, luoghi segnati da violenze e abusi. In questo paesaggio di desolazione, emergono però indizi di quotidianità e resistenza — oggetti banali ma carichi di significato, come spazzolini o confezioni di medicinali. Il palco diventa una mappa politica del continente, che restituisce il volto duro dell’Europa, dove l’ospitalità viene spesso demonizzata e criminalizzata.
La scena iniziale è dominata da una grande cartina geografica. Su quello schermo si susseguiranno video reali del viaggio. Un secondo piccolo monitor trasmette immagini in presa diretta di cartine e modellini manipolati in scena, componendo una costellazione di voci, culture e fratture. La narrazione, affidata agli autori, accompagna e commenta le immagini, mantenendo un equilibrio tra empatia e distacco.
Il lavoro nasce da un lungo processo di ricerca sul campo, vissuto in prima persona dagli artisti. Non si tratta solo di una creazione teatrale, ma di un’esperienza incarnata. L’impostazione documentaria è refrattaria a ogni intensità melodrammatica.
Le storie dei migranti sono un grido sopito che inchioda l’Occidente alle proprie colpe».
Lo spettacolo attraversa spazi marginali e dimenticati: edifici occupati, centri di detenzione mascherati da strutture di accoglienza, luoghi segnati da violenze e abusi. In questo paesaggio di desolazione, emergono però indizi di quotidianità e resistenza — oggetti banali ma carichi di significato, come spazzolini o confezioni di medicinali. Il palco diventa una mappa politica del continente, che restituisce il volto duro dell’Europa, dove l’ospitalità viene spesso demonizzata e criminalizzata.
La scena iniziale è dominata da una grande cartina geografica. Su quello schermo si susseguiranno video reali del viaggio. Un secondo piccolo monitor trasmette immagini in presa diretta di cartine e modellini manipolati in scena, componendo una costellazione di voci, culture e fratture. La narrazione, affidata agli autori, accompagna e commenta le immagini, mantenendo un equilibrio tra empatia e distacco.
Il lavoro nasce da un lungo processo di ricerca sul campo, vissuto in prima persona dagli artisti. Non si tratta solo di una creazione teatrale, ma di un’esperienza incarnata. L’impostazione documentaria è refrattaria a ogni intensità melodrammatica.
Le storie dei migranti sono un grido sopito che inchioda l’Occidente alle proprie colpe».
Per KRAPP'S LAST POST Vincenzo Sardelli
L’arte che si fa reportage: Odissea Minore
«Forse, se una storia è valida non va cambiata, così come non è necessario trovare altri spettatori che non l’abbiano mai sentita. Bisogna solo trovare un nuovo modo per raccontarla. E per Odissea Minore è stata proprio la modalità espressiva scelta che è riuscita a rendere una storia già troppe volte ascoltata qualcosa a cui tendere l’orecchio una volta ancora. E ne è valsa la pena!».
Per FRAMED Martina Ucci
Rotte alternative - Odissea Minore. Per un’educazione alla frontiera
«Lo spettacolo non cerca scorciatoie emotive, ma lascia spazio alle parole di chi ha vissuto tutto questo in prima persona. È un tentativo lucido di raccontare ciò che spesso resta ai margini: le contraddizioni delle frontiere europee, le vite che vi si intrecciano, la complessità di una migrazione che non si esaurisce in numeri o statistiche, ma che continua, giorno dopo giorno, a cercare un approdo».
Per LENS Noemi Mangialardi