CREDITI
concept e regia NICOLA DI CHIO, MIRIAM SELIMA FIENO
in scena NICOLA DI CHIO, YASMINE EL BARAMAWY, MIRIAM SELIMA FIENO
e con BAHEY ELDIN HASSAN, TAHER MOKHTAR, AHMED SAID
testi e drammaturgia MIRIAM SELIMA FIENO
musiche originali e musiche live YASMINE EL BARAMAWY
videomaking JULIAN SOARDI
video di archivio HAZEM ALHAMWI
light design GIACOMO DELFANTI
tecnica video e audio ANTONELLO RUZZINI
traduzioni e cura dei sottotitoli MIRIAM SELIMA FIENO, CECILIA NEGRO
consulenza sulle tematiche RICCARDO NOURY, AZZURRA MERINGOLO SCARFOGLIO
assistente di produzione RICCARDO PORFIDO
organizzazione FILIPPO COCCONCELLI
produzione TIEFFE TEATRO MENOTTI, TEATRO PIEMONTE EUROPA, FESTIVAL DELLE COLLINE TORINESI_TORINO CREAZIONE CONTEMPORANEA
con il sostegno di CENTRO DI RESIDENZA INTERCETTAZIONI (CIRCUITO CLAPS, INDUSTRIA SCENICA, MILANO MUSICA, TEATRO DELLE MOIRE, ZONA K); MOVIN’UP SPETTACOLO – PERFORMING ARTS 2020/2021 A CURA DI MIC - DIREZIONE GENERALE SPETTACOLO E GAI INSIEME CON TPP TEATRO PUBBLICO PUGLIESE - REGIONE PUGLIA E ASSOCIAZIONE GA/ER
in collaborazione con AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA, IAC (INTER ARTS CENTER) MALMÖ, ICORN, MALMÖ STAD KULTURFÖRVALTNINGEN
progetto vincitore BANDO INTERCETTAZIONI PROMOSSO DAL CENTRO DI RESIDENZA ARTISTICA DELLA LOMBARDIA INTERCETTAZIONI; BANDO MOVIN’UP SOSTEGNO ALLA MOBILITÀ INTERNAZIONALE DEI GIOVANI ARTISTI ITALIANI
si ringrazia HAZEM ALHAMWI, RICCARDO FIENO, ABDULLAH MINIAWY, MOHAMED SOLTAN, TEATRO DEL BURATTO, ZONA K, INFINITO EDIZIONI
1. ABSTRACT
Fuga dall’Egitto è una performance che unisce il teatro documentario alla musica live, in un intreccio tra atto performativo e cinema del reale, sonorità orientali e sperimentazioni elettroniche.
Il progetto trae ispirazione dal libro “Fuga dall’Egitto inchiesta sulla diaspora del dopo-golpe” della giornalista Rai e docente universitaria Azzurra Meringolo Scarfoglio, e getta luce sul fenomeno della diaspora egiziana post-2013, ovvero su quei giornalisti, sindacalisti, artisti, medici, poeti, politici e attivisti per i diritti umani che minacciati di repressione e tortura in Egitto, a causa delle loro idee, sono stati costretti a scegliere la via precaria e dolorosa dell’esilio, dopo il golpe che ha riportato i militari al potere. I nuovi esuli egiziani sono scappati dal loro Paese per sfuggire al carcere, a sommari processi di massa, a tentativi di cooptazione. Per alcuni l'esilio è arrivato dopo lunghi periodi di detenzione, segnati da torture fisiche e psicologiche. Lo spettacolo porta sulla scena queste testimonianze attraverso un’esperienza tra teatro, cinema documentario e musica, che il pubblico vive assieme ai performers in una dimensione che sovrappone due prospettive: una personale, intima, privata e una all’esatto opposto: vasta, contemporanea, politica, da cui emergono fatti, biografie, memorie.
2. IL PROGETTO ARTISTICO
2.1 LA RICERCA
Per realizzare lo spettacolo siamo partiti dalle storie raccolte nel libro di Azzurra, abbiamo scelto alcune testimonianze, e analizzato l’archivio di audio, riprese, scatti, interviste che l’autrice ha messo insieme negli anni di lavoro in Egitto, prima, e inseguendo gli esuli per il mondo, poi.
Il passo successivo è stato quello di incontrare alcuni dei protagonisti delle storie, per raccogliere dal vivo le loro testimonianze attraverso l’uso del video documentario.
Abbiamo incontrato e intervistato in giro per l’Europa e in collegamento con gli Stati Uniti: il padre dei difensori dei diritti umani in Egitto Bahey Eldin Hassan (autore, giornalista, membro del consiglio di diverse ONG egiziane e internazionali, nonché uno degli iniziatori nel 1985 del movimento egiziano per i diritti umani. Nel 1993 ha co-fondato il Cairo Institute for Human Rights Studies, di cui è direttore, con l'obiettivo di diffondere e radicare la cultura dei diritti umani nella regione araba. Nel 2014, dopo aver ricevuto minacce di morte dal governo per il suo lavoro a sostegno dei diritti umani, si è trasferito in Francia, dove attualmente vive in esilio volontario); il difensore dei diritti umani e giornalista Mohamed Soltan (co-fondatore di Freedom Initiative, una delle principali organizzazioni per i diritti dei prigionieri politici nel mondo arabo, con sede a Washington. Dopo aver protestato contro il colpo di stato egiziano che ha portato al potere Al Sisi e aver twittato in diretta il massacro da parte del regime di piazza Raba Al Adawya, che poi divenne noto come il più sanguinoso massacro in Egitto della storia recente, viene arrestato, incarcerato in una cella di isolamento, barbaramente torturato e condannato a morte con l’accusa di diffusione di notizie false. Per protestare contro la sua ingiusta detenzione, il 26 gennaio 2014 Soltan inizia uno sciopero della fame che dura 489 giorni, sostenuto da una campagna mondiale che ha portato poi alla sua libertà. Nel 2015 per salvarsi è costretto a rinunciare alla sua cittadinanza egiziana, viene prelevato dalla cella e portato in aeroporto, dove incredulo si imbarca per gli Stati Uniti dove attualmente vive in esilio); l’esponente di punta di quella vivace società civile organizzata messa sotto accusa dal regime: Nancy Okail (studiosa e sostenitrice dei diritti umani, della giustizia e della democrazia. Viene presa di mira dal governo egiziano perché nel 2011 diventa direttrice di Freedom House in Egitto, una ONG che sostiene il cambiamento democratico e i diritti umani. Nel 2013 dopo aver ricevuto minacce e messaggi intimidatori finisce in un’aula di tribunale e la sua vita comincia a sgretolarsi. Lascia l’Egitto dall’oggi al domani, senza salutare i suoi due figli e i suoi familiari, verso la meta del suo esilio: gli Stati Uniti); il cardiologo, sindacalista e attivista per la salute: Taher Mokhtar (dal 2011 ha svolto un ruolo chiave nelle campagne per il miglioramento della sanità pubblica, per la tutela degli operatori sanitari, e per garantire assistenza sanitaria nelle carceri. Viene arrestato e incarcerato nel 2016. Chiedeva di aumentare il budget per la sanità ed è stato accusato di incitare alla caduta del regime. Scappa dall’Egitto dopo il suo rilascio. La sua fuga termina quando atterra in Francia dove vive dal 2017); e il chirurgo, poeta e attivista per i diritti umani: Ahmed Said (noto per aver soccorso e fornito cure ai feriti durante la rivoluzione del 2011 e per il suo impegno nella difesa dei diritti umani. Nel 2015 viene arrestato per aver partecipato a una protesta pacifica anche se a quella protesta lui non ci è mai andato. Dopo un periodo di reclusione durissimo, fatto di torture e isolamento, scappa dall’Egitto verso la meta del suo esilio, la Germania).
È durante questo nostro percorso di ricerca e di raccolta materiale, che abbiamo incontrato la musicista egiziana Yasmine El Baramawy, che ha lasciato l’Egitto per poter portare avanti il suo attivismo e la sua ricerca sonora, la quale esplora sia la tradizione acustica dell’oud che la sperimentazione elettronica.
Yasmine, che attualmente vive in Svezia, ha composto le musiche per lo spettacolo, e sul palco suona i suoi pezzi dal vivo oltre ad assumere un ruolo di testimone diretta e interprete nello spettacolo.
L’intento è stato quello di creare con rigore di inchiesta un unico grande archivio di materiale multimediale, da selezionare e elaborare in una drammaturgia composita di testi, video, documenti, registrazioni audio e musica.
Con l’obiettivo di dare vita a uno spettacolo di teatro documentario, ovvero uno spettacolo dove la narrazione dal vivo, che utilizza fonti autentiche, si avvale di dispositivi tecnologici come camere in diretta, cellulari e proiezioni, dialogando con il video documentario e con la musica live, per tenere accesa l'attenzione su un Paese, l'Egitto, che proprio quest'anno anno celebra i 10 anni dalla rivoluzione di piazza Tahrir. Momento certamente di cambiamento sociale, che non ha però lasciato i frutti sperati, come ben sappiamo noi italiani che pur continuiamo a fare affari, facendo finta di niente.
2.2 LO SPETTACOLO
La testimonianza diretta ha un potenziale comunicativo molto forte, ed è per questo che la realizzazione di materiale audiovisivo da utilizzare nello spettacolo diventa fondamentale per dare un volto a ciascuna storia coinvolta e portare in una zona comune elementi distanti.
I dispositivi tecnologici come telecamere, cellulari, video proiettori, software per il montaggio, usati in live agiscono da lente di ingrandimento sulle fonti autentiche da cui la ricerca ha avuto vita e sulla performance che prende forma sul palco come esperienza che lo spettatore attraversa assieme ai performers.
Lo spettacolo si serve di materiali d'archivio, documenti originali, protocolli giudiziari, interviste, reportage e rapporti di ricerca per creare una drammaturgia che sia essenzialmente non-fiction e per interrogare la realtà sociale e politica di un paese, l’Egitto, che preferisce non guardare direttamente la sua storia e le sue contraddizioni.
Lo scopo è di cancellare i confini tra le discipline fondendo la ricerca artistica con il dibattito politico contemporaneo al ruolo dell’attore e identificare un linguaggio che possa ridurre al minimo la distanza tra teatro e pubblico.
Il nostro ruolo sulla scena è quello di tramiti e testimoni di quanto conosciuto e attraversato nel lungo percorso creativo immersi in un panorama così delicato e scottante. E’ sulla scena che la ricerca si evolve e il documentario, minuto dopo minuto prende forma, intrecciando i codici del teatro ai codici dell’audiovisivo.
Guidiamo la narrazione e portiamo la nostra esperienza maturata durante i mesi di ricerca, raccontiamo delle difficoltà e dei rischi incontrati, delle scoperte e del nostro coinvolgimento, con la volontà di trasferire agli spettatori il ruolo di testimoni.
Guidiamo la narrazione e portiamo la nostra esperienza maturata durante i mesi di ricerca, raccontiamo delle difficoltà e dei rischi incontrati, delle scoperte e del nostro coinvolgimento, con la volontà di trasferire agli spettatori il ruolo di testimoni.
Gli esuli attraverso il video si raccontano rivelando a voce rotta le loro paure, e con coraggio alcuni dettagli scomodi legati alle loro storie, si emozionano parlando della rivoluzione e poi della fuga, portano il pubblico dentro a una realtà inquietante dove la disillusione rimane l’unica possibilità per resistere.
Yasmine El Baramawy che ha composto tutti brani musicali dello spettacolo e sul palco suona il suo oud dal vivo, seguendo una tecnica di improvvisazione che miscela tradizione e sperimentazione, chiude la performance dando voce a centinaia di donne egiziane, attraverso la testimonianza della sua dolorosa storia personale.
Lo spettacolo sonda le criticità della nostra contemporaneità con i mezzi propri del teatro e del cinema e invita il pubblico/comunità a prendere posizione.
Per questo abbiamo deciso di contemplare al suo interno diversi punti di vista.
Vorremmo che lo spettatore si sentisse parte di un processo di ricerca e protagonista di un’esperienza. Potendo scegliere dove collocarsi all’interno di un panorama incredibilmente reale fatto di relazioni internazionali, interessi economici, traffici, politica e realpolitik, regime e rivoluzione, rivoluzione criminale e rivoluzione pacifica, paranoie e sorveglianze speciali, in cui è necessario scendere lentamente in profondità per superare il concetto di buono e cattivo e comprendere intimamente il significato di umanità.
2.3 L'INTERAZIONE CON LA MUSICA
Non volevamo rinunciare alla possibilità di avere fisicamente in scena una figura che con la sua personalità potesse essere rappresentativa di un ampio spettro della diaspora egiziana.
Questa è la funzione che svolge la musica nel nostro progetto, quella di raccogliere in una sola, più voci possibili, espandendo un messaggio di resistenza.
Ciò che accomuna la ‘fuga’ di molti degli esuli non è la paura, ma la voglia di poter continuare a vivere, lavorare, trovare vie di crescita e di realizzazione.
Abbiamo scelto un’artista che con la sua musica e le sue parole possa portare una testimonianza diretta incarnando il ponte tra il pubblico e ciò che lo spettacolo racconta.
Yasmine El Baramawy è una suonatrice di oud, compositrice e sound designer residente a Malmö. Nel suo primo album ha affrontato questioni di violenza di genere in modo intimo e inquietante; e ha devoluto i profitti a coloro che sono stati violentati in piazza Tahrir (durante la rivoluzione egiziana del 2011). Oltre ad essere un’artista Yasmine è un’attivista sostenitrice dei diritti delle donne.
Suona uno degli strumenti più antichi del mondo eppure riesce a lavorare con una curiosa miscela di approcci e generi diversi come la musica orientale, rock e classica.
La musica di Yasmine e la sua presenza sulla scena rappresentano un anello drammaturgico cruciale dello spettacolo, e guidano lo spettatore in un universo sonoro e narrativo inesplorato.
3. DICONO DI NOI
3.1 I PREMI
FUGA DALL’EGITTO è vincitore di:
•BANDO INTERCETTAZIONI 2020 promosso dal Centro di Residenza Artistica della Lombardia IntercettAzioni (Circuito CLAPS, Industria Scenica, Zona K Scappatoia Culturale, Milano Musica, Teatro delle Moire)
motivazione:
«Se il ruolo dell’artista è dare forma alla complessità della vita reale e farsi portavoce delle contraddizioni del presente, il progetto Fuga dall’Egitto di Miriam Fieno Selima raccoglie appieno questa necessità. Lo sguardo si allarga oltre i confini nazionali e cuce relazioni e punti di vista inediti come quello della scrittrice Azzurra Meringolo Scarfoglio. In questo contesto, la musica, con il coinvolgimento della musicista egiziana Yasmine El Baramawy assume un rilevante valore testimoniale, così come l’idea di conciliare la forma documentaristica al teatro dona alla proposta tutte le premesse per la creazione di un’opera originale e composita, pensata per intrecciare non solo discipline diverse ma ancor più identità culturali e artistiche distanti. Il premio di IntercettAzioni intende così dare merito e seguito, attraverso la residenza, all’originalità di questa giovane artista»
•BANDO MOVIN'UP SPETTACOLO – PERFORMING ARTS 2020/2021 a cura di MIC Ministero della Cultura - Direzione Generale Spettacolo e GAI - Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani insieme con Regione Puglia - TPP Teatro Pubblico Pugliese e GA/ER Associazione Giovani Artisti dell’Emilia-Romagna
3.2 LA RASSEGNA STAMPA
«Andate assolutamente a vedere “Fuga dall’Egitto”, uno degli spettacoli più autentici, sentiti e anche originali degli ultimi tempi. “Fuga dall’Egitto” è il manifesto di come si può fare “teatro democratico” in modo nuovo e dirompente».
Per LA STAMPA Michele Weiss
«Uno spettacolo intenso, difficile ma necessario che raccoglie diversi punti di vista per restituire il racconto di una storia dolorosa e complessa».
Per TROVAFESTIVAL Valeria Tacchi
«In un continuo intrecciarsi di domande e risposte a cui Miriam stessa presta la voce riusciamo a comprendere le ragioni di un progetto tanto rischioso eppure così indispensabile».
Per TEATRO E CRITICA Andrea Gardenghi
«A rendere appassionato e appassionante lo svolgersi dello spettacolo è il senso di potente condivisione che Miriam Selima Fieno, narratrice e autrice, trasmette al pubblico nel raccordare musica, parole, immagini e la presenza di Yasmine El Baramwy che, oltre ad accompagnare musicalmente dal vivo tutto lo spettacolo, racconta la sua personale terribile esperienza di donna egiziana».
Per HYSTRIO Mario Bianchi
«Video e interviste, ricordi e documenti. Per raccontare chi è riuscito a fuggire da Al-Sisi. Unendo il meglio del giornalismo e della recitazione».
Per L'ESPRESSO Angiola Codacci
«Uno spettacolo unico nel suo genere. Mix innovativo di linguaggi, tra video e teatro, musica e performance, documentario e testimonianza».
Per RESET DOC DIALOGUES ON CIVILIZATIONS Simone Disegni
«Miriam e Nicola con molta umiltà, ostentando tutti i difetti e i dubbi, con estrema onestà intellettuale condividono con noi un percorso su una questione che ci riguarda. Interrogarsi in merito è il minimo che possiamo fare come spettatori. Il merito di Miriam e Nicola è di aver provato a mettere di fronte ai nostri occhi una realtà scomoda, evidente e nascosta allo stesso tempo. La sincerità e onestà con cui hanno condiviso il loro percorso li ha ripagati e il pubblico li ha gratificati di una giusta standing ovation».
Per IL PICKWICK Enrico Pastore
«Un racconto intenso, ben equilibrato tra momenti drammatici e pause di riflessione. Dove non c’è mai il compiacimento del dolore. E proprio per questo riesce a far maggiormente partecipare il pubblico».
Per L’ESPA.NET Luisa Espanet
«Ciò che è stato fatto dagli artisti e dai difensori dei diritti umani insieme al pubblico probabilmente non rappresenta la rivoluzione, ma è stato un atto rivoluzionario. I performer e gli esuli hanno acceso un tasto nella mente e nell’anima di ciascuno spettatore, entrando in essi indelebilmente. L’altra sera al Teatro Astra è stato finalmente abbattuto qualsiasi tipo di confine»
Per TEATRODAMSTORINO Carlotta di Marino